Il risanamento del Sito di interesse nazionale di Crotone, incluso nel Programma nazionale di bonifica con il Decreto Ministeriale del 26 novembre 2002, registra ventennali ingiustificabili ritardi che la comunità crotonese non è più disposta ad accettare. La complessità delle operazioni di bonifica e la farraginosità della gestione delle Conferenze dei servizi al Ministero dell’ambiente e della Sicurezza energetica hanno portato ad accumulare ritardi su ritardi, di cui purtroppo hanno tratto vantaggio i responsabili della contaminazione, a partire dalle aziende che fanno capo ad ENI, che in questo modo hanno visto diluirsi nel tempo le ingentissime spese da affrontare per far rientrare tutti i parametri ambientali nelle matrici suolo e acqua nel SIN, ad oggi ancora fuori legge.
I ritardi accumulati hanno protratto nel tempo la presenza dell’inquinamento nel territorio crotonese, l’esposizione agli inquinanti da parte della cittadinanza e delle lavoratrici e dei lavoratori nell’area oggetto di bonifica, con evidenti risvolti epidemiologici, e hanno rallentato ogni ipotesi di reindustrializzazione. Come già avvenuto nel passato in altre aree all’interno del Piano nazionale di bonifica, come ad esempio a Manfredonia in Puglia o nel Casertano in Campania, i ritardi nella bonifica e l’inazione delle istituzioni regionali e locali hanno fatto fallire progetti di nuovi insediamenti produttivi nelle stesse aree da risanare senza consumare nuovo suolo. Ci sono esperienze molto innovative di nuovi insediamenti produttivi realizzati in siti bonificati, come è avvenuto ad esempio ad Adria (RO) in Veneto o a Porto Torres (SS) in Sardegna, dove sono state realizzate nuove bioraffinerie, con innovativi cicli produttivi della filiera della chimica verde, unici sul panorama internazionale. Un altro investimento molto importante in corso di realizzazione nel meridione d’Italia è quello relativo alla fabbrica di produzione di pannelli fotovoltaici nell’area industriale di Catania in Sicilia, dove entro fine anno sarà operativo il più grande impianto d’Europa di questo tipo. Sempre nell’area industriale catanese, la cosiddetta Etna Valley, si realizzerà una nuova fabbrica di produzione di carburo di silicio per la filiera dei chip dei computer.
Come contribuire a sbloccare la bonifica, attività su cui sta lavorando il Commissario straordinario gen. Emilio Errigo? Innanzitutto, occorre abbassare i toni dell’animatissimo dibattito che finalmente è partito nella città di Crotone: quando negli anni ’90 combattevamo contro l’inquinamento industriale, vent’anni fa presentammo in città il nostro dossier nazionale “La chimera delle bonifiche”, nel 2021 organizzammo una tappa di Goletta Verde dedicata alla bonifica del SIN, non erano così numerose le voci che intervenivano sul tema. Si tratta di un dibattito che è monopolizzato però da un’unica soluzione, quella dell’esportazione dei rifiuti della bonifica fuori da Crotone e dalla Calabria, che rischia di essere di difficile realizzazione e di fatto, allunga ancora i tempi della Bonifica. A nostro avviso è necessario riconoscere che non ci sono attualmente territori in Italia disponibili a smaltire i rifiuti derivanti dall’auspicata bonifica di Crotone: perché a Gela, nel siracusano, nel brindisino, in Sardegna, Lombardia o Veneto, solo per fare alcuni esempi, dovrebbero ospitare i rifiuti dalla Calabria, quando anche in quei territori ci sono bonifiche in ritardo di realizzazione, con produzione dei rifiuti dalle attività di risanamento che aumenteranno quando finalmente decolleranno le bonifiche anche lì? Continuare a invocare questa soluzione a Crotone, aumenterà i ritardi della bonifica, con conseguente dilatazione dei tempi e delle spese ingenti che invece i responsabili dell’inquinamento, a partire da ENI, devono affrontare fino all’ultimo centesimo di euro.
Si può allora, ribaltare il ragionamento a favore della collettività: se la soluzione è quella di una discarica interna all’area industriale, di servizio, che allora risponda a due requisiti: che sia dedicata esclusivamente ai rifiuti prodotti dalle attività di bonifica del SIN; che la sua gestione sia pubblica, magari con intervento commissariale, come del resto sta avvenendo ad esempio nella discarica di Malagrotta a Roma o nell’area ex SGL Carbon ad Ascoli Piceno nelle Marche, dove gli interventi di bonifica sono in corso grazie all’intervento della struttura del Commissario unico per la bonifica delle discariche, presieduta dal Gen. Giuseppe Vadalà, operativa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma (https://www.commissariobonificadiscariche.governo.it/it/)?
Legambiente dagli anni ’90, in tutta Italia, sostiene che le necessarie bonifiche debbano essere realizzate in via prioritaria con interventi in situ, senza spostare il problema da altre parti, soluzione che renderebbe felici sicuramente i trasportatori e quelli che da sempre definiamo “i signori delle discariche”, la cui storia vorremmo lasciare solo al passato inquinante della gestione dei rifiuti del nostro Paese. Per la bonifica del SIN di Crotone non vogliamo che si realizzino nuove discariche in provincia, fuori dall’area industriale – e a tal proposito Legambiente ribadisce il suo no, più volte espresso, alla realizzazione della discarica di Giammiglione – e diciamo no anche all’ampliamento di discariche esistenti nel crotonese, come nel resto della Calabria, perché è una soluzione che crea solo ulteriori danni al territorio, come dimostra anche il caso dell’impianto di Scala Coeli (CS). A un anno dallo sversamento del percolato nel torrente Nicà, al centro delle nostre denunce, prima e dopo questo terribile evento, siamo ancora in attesa dell’intervento della Regione per arrivare alla revoca dell’autorizzazione.
Legambiente auspica quindi una rapida soluzione nella Conferenza dei servizi presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che non apra alla soluzione di nuove discariche fuori dal SIN, paventando ipotesi, come quella di Giammiglione, che più e più volte è stata rispedita al mittente, o all’ampliamento di quelle esistenti – come è già accaduto negli anni precedenti nel silenzio collettivo, e chiede alle istituzioni locali e regionali, a quelle religiose, alle organizzazioni attive sul territorio, da quelle datoriali a quelle sindacali, dagli ordini professionali alle associazioni di cittadini, di lavorare per una soluzione davvero praticabile per la bonifica del SIN, per non dare ulteriori alibi a ENI per non fare la bonifica e per creare le condizioni per una nuova industrializzazione fatta di impianti e cicli produttivi innovativi, con prodotti all’avanguardia. Vogliamo che Crotone diventi una delle nuove capitali italiane della transizione ecologica, per garantire alle ragazze e ai ragazzi crotonesi la possibilità di scegliere se restare nel loro territorio o se andare nelle regioni del Nord o all’estero. Possibilità che ad oggi non è, colpevolmente, garantita a nessuna e nessuno di loro. Fermiamo questa emorragia di giovani energie iniziando e concludendo in tempi brevi la bonifica, come si fa in modo ordinario negli altri paesi industrializzati del G7, recentemente riunitisi in Puglia, e non da noi.