Nell’audizione del 6 novembre 2020 presso la Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, il generale Emilio Errigo (Guardia di Finanza) oggi Commissario straordinario di Arpacal  aveva esposto in una relazione il suo pensiero in materia di immigrazione indicando soluzioni percorribili per fermare la tratta.

Quella che segue è la relazione integrale:

Nell’attuale periodo storico – durante il quale le recrudescenti tensioni sociali incalzano e le diversificate ideologie umanitarie condizionano il pensiero costruttivo di solidarietà e responsabilità a favore degli esseri umani meno fortunati – la comunità internazionale, europea e nazionale è chiamata a individuare soluzioni pacifiche possibili, necessarie e urgenti, per il superamento dei numerosi ostacoli che milioni di donne e uomini  in fuga da conflitti armati, da disastri ambientali naturali e da condizioni di povertà estreme, trovano  davanti al loro difficilissimo cammino verso la libertà e la sicurezza.
I mari e gli oceani sono le ultime barriere – per loro stessa natura le più alte, insidiose e pericolose – che questi soggetti devono superare ma possono essere, al contempo, l’ultima meta della loro vita.
I diritti e doveri di tutti quegli Stati costieri (ma anche di quelli privi di litorale marittimo) – che agiscono in un preciso regime giuridico internazionale consuetudinario, convenzionale e pattizio volto ad assicurare a tutti gli esseri viventi le particolari forme di tutela e protezione internazionale – si indirizzano prevalentemente verso il riconoscimento, la tutela e la salvaguardia del valore universale e inalienabile della vita.
A. Il Mare Mediterraneo: scenario
Il Mare Mediterraneo, considerato dal diritto internazionale del mare “semi chiuso”, è uno degli ambiti spaziali marittimi più complessi e complicati ed è prevalentemente interessato da traffici commerciali navali, dallo sfruttamento economico delle risorse minerarie, ittiche, biologiche e marittime. Sulle sue sponde convivono una moltitudine di culture e religioni.
Con una estensione di 2,5 milioni di Kmq, nel Mediterraneo si affacciano le coste di ben  21 Stati, ognuno di questi con interessi politico-economici diversi. Capirete dunque quanto sia assolutamente necessaria la cooperazione, la pace, la sicurezza, il rispetto reciproco e la serenità tra le Comunità rivierasche marittime, fluviali e territoriali interne che vi abitano e vivono. Ognuno di questi 21 Stati costieri marittimi mediterranei vede riconosciuti, dal diritto internazionale  pubblico e in particolare marittimo (cfr UNCLOS 1982), specifici diritti, anche esclusivi, in determinate fasce di giurisdizione diversamente denominate (AI, MT, ZC, ZA, ZEE, ZPE, PC) sulle quali, e a tutela delle quali, esercitare e far valere i propri diritti e doveri conformemente, ed entro limiti ben definiti, al diritto internazionale convenzionale o pattizio.
Ove solo si pensi che l’Italia – quale Stato costiero con oltre 8000 km di coste –  esercita la propria sovranità territoriale su uno spazio terrestre la cui estensione complessiva di superficie pari a 301,340 Kmq, e che la superficie marittima delle acque giurisdizionali sono pari a 120.868 Kmq, lor Signori Onorevoli comprenderanno meglio quanto sia complesso e complicato per il Governo, con le proprie Forze Armate e Forze di Polizia, ma anche per il Parlamento, nell’esercizio del potere legislativo, assicurare la difesa e la sicurezza dei confini terrestri, marittimi e aerei.
B. Il diritto di passaggio inoffensivo e in transito
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 – con il suo Accordo di applicazione della Parte XI del 29 luglio 1994 – ratificata dall’Italia con legge 2 dicembre 1994 n. 689, disciplina dall’art. 17 all’art. 26 e dall’art. 37 all’art. 45, rispettivamente, il diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale e il diritto di passaggio in transito attraverso gli stretti usati per la navigazione internazionale.
In tale quadro giuridico internazionale marittimo, lo Stato Costiero ai sensi e per gli effetti degli articoli 24 e 25 se sotto un primo profilo giuridico, in previsione della normativa internazionale, non deve ostacolare il passaggio inoffensivo delle navi straniere attraverso il suo mare territoriale – salvo i casi previsti dalla Convenzione in argomento – da altra previsione giuridica convenzionale, può adottare le misure necessarie per impedire nel suo mare territoriale ogni passaggio che non sia inoffensivo.
C. Il diritto internazionale, dell’U.E, e sovranità nazionale
Lo studioso e l’operatore del diritto, nel momento in cui si approccia alle problematiche giuridiche emergenti, deve avere matura la convinzione che la approfondita conoscenza delle norme internazionali, così come quelle unionali e nazionali, sia la base di partenza per ogni tentativo risolutivo pacifico delle controversie interne e internazionali.
A stretto rigore tecnico, nel diritto internazionale non parrebbe a chi è stato chiamato ad esporre il proprio pensiero giuridico, che sia attualmente presente una norma di carattere consuetudinario, convenzionale o pattizio, che riconosca allo straniero il diritto di fare  ingresso liberamente nel territorio di uno Stato estero via terra, mare o per via aerea in assenza di un adeguato controllo e/o in assenza di validi e veritieri titoli di espatrio riconosciuti dalla comunità internazionale organizzata.
In buona sostanza, ogni Stato ha il sacrosanto diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla sua comunità territoriale, con particolare attenzione di riservare ai cittadini e agli individui (ed i loro beni) che si trovino presenti nel territorio ogni forma di legittima tutela, estraniandosi dall’interferire con i diritti-doveri degli altri Stati, adiacenti e confinanti.
Questo potere viene definito sovranità territoriale che incontra nel suo esercizio alcuni precisi limiti di azione previsti dal diritto internazionale. Tra i più significativi vi è il trattamento degli stranieri verso i quali ogni Stato deve garantire ogni forma di tutela personale e protezione dei loro beni.
Tali diritti, internazionalmente riconosciuti allo straniero presente sul territorio di uno Stato, vanno tutelati e salvaguardati per non incorrere a quelle conseguenze giuridiche (civili, penali o amministrative) riservata a coloro i quali compiono illeciti internazionali sanzionabili.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo prevedere, tra le altre, la libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato, nonché la libertà di entrare e lasciare liberamente qualsiasi Paese, incluso il proprio, decidendo quando fare rientro nel Paese di cui ha la cittadinanza (art. 13 DUDU). Sul punto va anche ricordato il Patto sui diritti civili e politici, adottato in ambito ONU a New York il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976. In questo ultimo atto internazionale, viene specificato che ogni individuo che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato ha il diritto alla libertà di movimento, alla scelta della residenza in quel territorio, nonché il diritto alla libertà di uscirne.
Tali diritti possano essere limitati solo in presenza di disposizioni di legge e solo quando la restrizione risulti necessaria per proteggere la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la sanità, la moralità pubblica, ovvero gli altrui diritti e libertà e siano compatibili con gli altri diritti riconosciuti dallo stesso Patto internazionale (art.12 del Patto sui diritti civili e politici di New York del 1966).
D. Limitazione navigazione, divieto di passaggio, transito e sosta delle navi
Come è noto l’art.83 del Codice della navigazione (R.d. 30 marzo 1942, n.327) prevede la facoltà, attribuita al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, per motivi di tutela dell’ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende. Altre limitazioni e divieti possono essere imposti per ragionevoli motivi di interesse nazionale, legati a violazioni delle leggi sull’immigrazione.
E. Soccorso, assistenza, ricerca e salvataggio a navi in pericolo e a naufraghi
Il diritto interno della navigazione e il diritto internazionale del mare, prevedono in più norme di legge, in regolamenti, nelle convezioni internazionali,  il dovere per gli Stati di obbligare i comandanti delle navi che battono la propria bandiera – nella misura in cui gli  sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave  l’equipaggio o i passeggeri – di impiegare mezzi e risorse umane, tecniche disponibili, per prestare soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo, procedendo quanto più velocemente possibile al soccorso delle persone in pericolo per la loro vita.
Inoltre, l’art. 98 dell’UNCLAS del 1982 prevede che ogni Stato costiero promuova la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabori a questo fine con gli Stati adiacenti tramite accordi regionali.
F. Riposizionamento strategico dell’ Italia a difesa e sicurezza dei confini nazionali marittimi
La difesa e sicurezza dei confini nazionali dell’Italia impongono senza altro ritardo di concentrare gli sforzi verso quattro obiettivi strategici:
1. Implementare la sicurezza della navigazione e rafforzare gli strumenti di salvaguardia della vita umana in mare (safety);
2. la polizia del mare per la sicurezza delle frontiere e sicurezza del mare (security);
3. la difesa della sovranità nazionale e dei confini aerei, marittimi internazionali e dello spazio aereo nazionale (defence);
4. la polizia economica e finanziaria marittima, al fine di esercitare il controllo necessario per prevenire le violazioni alle leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari  e di immigrazione (blue economy).

Il primo obiettivo si può conseguire adeguando nel breve termine il servizio permanente di ricerca, soccorso e salvataggio in mare, rendendolo più efficace, efficiente, economico e funzionale al mutato scenario operativo che vede, ormai per prassi consolidata, il ricorso doloso al provocato soccorso in mare da parte delle tante  organizzazioni criminali transnazionali dedite al traffico internazionale degli esseri umani via mare, sapientemente architettato allo scopo di eludere il quadro normativo interno, europeo e internazionale vigente e senza tenere conto delle migliaia di morti in mare causate da naufragi dolosi.
A tal fine il legislatore potrebbe delegare, con la legge di conversione in commento, il Governo ad:
1. emanare uno o più decreti legislativi per consentire la riorganizzazione e l’adeguamento del servizio di ricerca, soccorso e salvataggio in mare;
2. favorire la costruzione di idonee, ben strutturate ed equipaggiate navi ospedali per assicurare il pronto soccorso in mare;
3. favorire la costruzione di idonei mezzi destinati al primo soccorso in mare e accoglienza a bordo per il primo soccorso e il trasferimento presso idonee infrastrutture sanitarie in porto, realizzate senza ritardo in tutti i porti commerciali amministrati dalle 16 Autorità di Sistema Portuale;
4. provvedere senza ritardo alla riorganizzazione del servizio di sanità marittima, portuale e aeroportuale, adeguando le strutture e le risorse umane specializzate all’emergenza pandemica in atto che interessa il territorio nazionale ed estero.
Il secondo obiettivo si può conseguire conferendo ad horas al Corpo della Guardia di Finanza il mandato di intensificare l’attività di vigilanza e controllo aeronavale del mare per fini di polizia di sicurezza delle frontiere marittime e polizia del mare ex D.lgs. 19 agosto 2016, n.177.
Il terzo obiettivo si può conseguire senza ritardi conferendo mandato alla Marina Militare Italiana e all’Aeronautica Militare Italiana – e ove ritenuto necessario, all’Esercito Italiano e all’Arma dei Carabinieri – l’intensificazione della normale ordinaria sorveglianza e difesa dei confini nazionali aerei, marittimi e terrestri, adeguando i mezzi e le infrastrutture necessarie a tale scopo.
Il quarto e ultimo obiettivo si dovrà e potrà conseguire, senza altro indugio, con il presente disegno di legge di conversione con integrazioni, del D.L. 21 ottobre 2020, n.130 inserendo “all’art.1, il comma 3, nel quale prevedere la tanto attesa istituzione formale e proclamazione di una zona contigua al mare territoriale italiano, meglio definita dall’art. 33 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n.689”;
Altra necessità e urgenza, per dirimere definitivamente le ondivaghe interpretazioni giurisprudenziali, è quella di provvedere alla completamento del dettato normativo con la seguente proposizione: “all’art.1, comma 4, inserire, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1099 e 1100 del Codice della Navigazione di cui al r.d. 30 marzo 1942, n,327, i mezzi aerei e navali sui quali sono imbarcati o facenti parte degli equipaggi di volo gli appartenenti alle forze armate naviganti e  gli appartenenti alle forze di polizia naviganti, sono equiparati alle navi da guerra. ˜

L’audizione del gen. Errigo è avvenuta il 9 novembre 2020 davanti alla I Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni relativamente all’esame del disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto – legge n. 130 del 2020 recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del Codice Penale… [etc].