Direttiva Bolkestein, Legambiente Calabria replica al Presidente Occhiuto su ipotesi di mettere a gara le spiagge libere

La presidente regionale Anna Parretta: “La soluzione non è sottrarre spiaggia libera ai calabresi, ma procedere alla riassegnazione delle concessioni demaniali in base a criteri che incentivino la tutela dell’ambiente, l’utilizzo di fonti rinnovabili, la raccolta differenziata e che garantiscano l’accessibilità per persone disabili”

 

Sulla cosiddetta direttiva Bolkestein, che impone la riassegnazione delle concessioni per l’uso delle spiagge tramite gare pubbliche ponendo fine alle posizioni dominanti e di rendita durate anche 90 anni degli attuali gestori, è intervenuto qualche giorno fa il Presidente della Giunta regionale,  Roberto Occhiuto, a “Oggi è un altro giorno” su Rai 1, affermando, sostanzialmente, che la Calabria dovrebbe mettere a gara gli enormi spazi determinati dalle spiagge libere, piuttosto che penalizzare chi nel passato ha fatto ingenti investimenti.

Il presidente Occhiuto ha anche aggiunto che ci sarebbe la possibilità di farlo attraverso nuovi piani spiagge, sperando che nei decreti legislativi che saranno adottati per stabilire come fare le gare, si dia la possibilità a tutti di partecipare, ma che si consideri anche chi ha un’esperienza nella gestione del settore, privilegiando magari chi ha realizzato dei manufatti.

Una posizione, quella del Presidente Occhiuto, che non è assolutamente condivisa da Legambiente Calabria.

Per chiarire il quadro, ricordiamo che la durata delle concessioni demaniali marittime è disciplinata dall’articolo 1 commi 682 e 683 della legge n. 145/2018, che ha disposto la proroga di quindici anni a quelle vigenti. Tuttavia la Commissione europea, ritenendo tale proroga in contrasto con la direttiva Bolkestein e con gli articoli 49 e 56 del Trattato europeo, ha avviato nei confronti dell’Italia, nel dicembre 2020, una procedura di infrazione alla quale il Governo italiano ha risposto affermando la conformità al diritto europeo. Successivamente il Consiglio di Stato nel novembre 2021 ha dichiarato la proroga nulla, differendo gli effetti della sentenza fino al 31 dicembre 2023 «al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere» senza alcuna possibilità di proroghe ulteriori.

Il Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 17 e 18 del 2021, ha sottolineato “l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale” ed ha affermato che “la perdurante assenza di un’organica disciplina nazionale delle concessioni demaniali marittime genera una situazione di grave contrarietà con le regole a tutela della concorrenza imposte dal diritto dell’Ue, perché consente proroghe automatiche e generalizzate delle attuali concessioni”. In questo contesto, la polemica sulla direttiva Bolkestein non solo costituisce un falso problema che ne cela altri, ma assume contorni paradossali nelle parole del presidente della Regione Calabria.

L’assegnazione delle concessioni tramite procedura di evidenza pubblica è fissata dalle Direttive europee, ma sarà il Parlamento a dover emanare le norme relative. Gli stabilimenti balneari che hanno ben lavorato ed investito nella giusta direzione non devono avere timore delle gare europee. La stessa Direttiva Bolkestein prevede, all’art. 12 comma 3, che gli Stati membri possono tenere conto, nello stabilire le regole della procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale della salute e sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi di interesse generale conformi al diritto comunitario.

Nelle procedure di gara si dovrebbero premiare le realtà locali che hanno operato bene ed i progetti validi sotto il profilo qualitativo ed ambientale, scevri da illegalità ed ombre criminali.

Il modello da seguire deve essere costituito da investimenti, sostenibilità e qualità per creare occupazione reale ed al contempo proteggere l’ambiente in base a criteri posti alla base, ad esempio, della prassi UNI per gli stabilimenti accessibili e sostenibili definita da Legambiente. In sostanza si devono tutelare gli imprenditori seri, onesti ed attenti all’ambiente.

La soluzione non può e non deve essere, con piena evidenza, quella di garantire mere rendite di posizione acquisite da decenni senza effettivi controlli ambientali, addirittura pensando di cedere ulteriore spiaggia libera per metterla a bando.

 

Al contrario, la Regione Calabria dovrebbe limitare l’occupazione delle spiagge alzando il relativo limite. Infatti, nella inesplicabile assenza di una norma nazionale che fissi un limite unitario di occupazione massima delle spiagge, attualmente, in base alle norme regionali, la quota minima di spiaggia libera o libera attrezzata che la Calabria deve garantire è solo del 30% a fronte del 60% di altre Regioni come Puglia o Sardegna.I canoni corrisposti sono, oltretutto, attualmente, spesso assurdamente bassi.

L’innalzamento di tale limite risulta essenziale alla luce del grave fenomeno dell’erosione delle aree costiere e degli annessi ecosistemi. In media, l’Italia perde 23 mt di profondità in spiagge su tutti i 1750 km di litorale in erosione e negli ultimi 50 anni sono scomparsi almeno 40 milioni di metri quadrati di spiagge; fenomeno destinato ad aggravarsi per effetto dei cambiamenti climatici.

La costa calabrese si sviluppa per 710 km di cui 253 di costa alta e 457 di costa bassa di cui ben oltre il 60% è in fase di erosione.

 

Dal Rapporto spiagge 2021 di Legambiente emerge che, a livello nazionale, oltre il 50% delle aree costiere sabbiose italiane è sottratto alla libera e gratuita fruizione a causa dell’aumento esponenziale delle concessioni balneari che in alcune regioni occupano quasi il 70% delle spiagge lasciando disponibili pochi metri di spiaggia spesso degradata.

Per fortuna la situazione calabrese è al momento ben diversa visto che cittadini e turisti possono ancora fruire di chilometri di splendide spiagge libere e spesso selvagge. “Una fortuna, basata sulla troppo spesso trascurata ed enorme bellezza della nostra regione di cui Istituzioni e cittadini calabresi sembrano, a volte, non rendersi conto pienamente – afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria–  e invece di pensare di dare in concessione altre spiagge pubbliche, sottraendole all’uso della collettività, è essenziale procedere alla riassegnazione delle concessioni demaniali in base a criteri che incentivino progetti attenti alla qualità ambientale, alla tutela degli arenili e delle dune, all’utilizzo di materiali e fonti rinnovabili, alla raccolta differenziata e che garantiscano il diritto all’accessibilità per persone disabili”. 

“Attualmente, al contrario, troppo spesso regna il criterio della sostanziale privatizzazione delle spiagge, della cementificazione e distruzione del sistema dunale e dell’abusivismo edilizio –continua Parretta -. Le aree costiere e le spiagge devono essere al centro di un serissimo ragionamento sul futuro della Calabria che passi attraverso la riqualificazione ambientale e l’accesso sostenibile ai fini di una corretta fruizione turistica”.

“Occorre difendere il diritto dei calabresi ad andare al mare gratuitamente conclude la presidente – Le Amministrazioni hanno il dovere di garantire spiagge pulite ed un mare libero ed esente da inquinamento restituendo alla collettività i tratti di mare non balneabili anche a causa del malfunzionamento o dell’assenza del sistema depurativo che costituisce una vergogna regionale”.

 

Legambiente Calabria concorda, invece, con il Presidente Occhiuto sulla necessità di aggiornare i canoni di concessione balneare aggiungendo e rimarcando, tuttavia, che tali canoni devono introdurre elementi di premialità e di penalità legati agli interventi di riqualificazione ambientalemessi in atto dai concessionari. Una parte dei canoni dovrebbe rimanere ai Comuni per creare un fondo destinato ad interventi di tutela e valorizzazione ambientale delle zone costiere come ad esempio ripascimenti delle spiagge, rinaturalizzazione, accessibilità pedonale e ciclabile e demolizione degli edifici abusivi  costruiti sulle aree demaniali.