“Think in green” è il motto della kermesse siciliana Nations Award che da quindici anni ha luogo a Taormina e il cui intento è premiare il cinema italiano ed internazionale mettendo al centro il tema della salvaguardia e della tutela dell’ambiente.
Proprio in questo contesto la designer catanese Maria Francesca Paternò, che ha firmato la creazione dell’abito protagonista della serata delle premiazioni, ha scelto la seta calabrese per la sua realizzazione.
La Sicilia caratterizza gli abiti della stilista Paternò, che ne ha fatto il suo tratto distintivo, alla ricerca di quella cultura più autentica possibile, le cui caratteristiche spesso coincidono con quelle della Calabria, regione sorella.
Una vicinanza geografica che nei secoli ha permesso uno scambio continuo di conoscenze e saper fare che hanno segnato le rispettive tradizioni, specialmente artigianali e manifatturiere.
Così come ieri gli opifici siciliani richiedevano la seta grezza calabrese per realizzare abiti preziosi, oggi l’atelier di alta moda di Maria Francesca ha scelto quella stessa seta prodotta secondo le tecniche più antiche dalla cooperativa di San Floro.
«Finalmente la nostra seta ha avuto il palcoscenico che merita – dice Miriam Pugliese, titolare di Nido di Seta – È un’emozione inspiegabile vedere l’abito finito sfilare in un’occasione così importante; sapere che per quell’opera d’arte si è partiti da un gelso piantato e curato nei nostri terreni».
Ma dalla coltivazione del gelso alla realizzazione del tessuto il cammino è lungo e soprattutto delicato. Non si ammettono errori e si confida – oggi come ieri – che la natura sia benevola.
Dietro a quei metri di tessuto richiesti vi è il lavoro di Miriam, Domenico, cui è affidata soprattutto la fase di gelsibachicoltura, e di tutti gli artigiani che da anni ormai collaborano nei vari passaggi della lavorazione del filato.
Un vero e proprio distretto tessile silenzioso, che coinvolge lavoratrici e lavoratori non solo dell’hinterland catanzarese, ma anche di altre province (Cosenza e Vibo Valentia), il cui unico obiettivo è fare bene.
Una realtà imprenditoriale genuina che ha messo al primo posto l’etica in tutte le sue sfaccettature.
Nido di Seta è riuscita in questi anni a fare rete, a far superare le diffidenze, promuovendo la salvaguardia dell’ambiente. Obiettivi che il mondo post-Covid non potrà più ignorare.
E se questa è stata la scommessa nel cuore di San Floro, Maria Francesca a Catania ha puntato tutto su quel tessuto, più delicato da trattare, affidandolo alle mani delle sue artigiane di fiducia.
Quella Via della Seta che per secoli ha raggiunto il Mediterraneo coinvolgendo la Calabria grazie alla sua produzione di seta grezza, rivive oggi in questo rinnovato connubio. Se nei secoli passati la seta calabrese superava lo Stretto per raggiungere gli opifici siciliani per realizzare preziosi abiti, oggi l’Alta Moda, grazie alla lungimiranza di Maria Francesca Paternò, ha recuperato quella domanda rivolta alla Calabria.
Nido di Seta è al momento una delle pochissime realtà al mondo, per non dire l’unica, a produrre un filo interamente sostenibile e colorato con tinte naturali.
Proprio quella radice di robbia, utilizzata come colorante sin dal neolitico, ha permesso di ottenere esattamente quel rosso corallo, l’oro di Sicilia, pensato dalla stilista per la sua creazione sartoriale.
Ma la kermesse è stata solo la prima delle occasioni per sfoggiarlo: a maggio 2022, infatti, in occasione di “Spositalia”, rigorosamente in tema green, il tubino di robbia sarà pezzo pregiato del a collezione di Maria Francesca Paternò in mostra all’evento.
Anche questa volta l’ingrediente segreto è stato fare rete, offrendo un prodotto che privilegia la qualità e la cura alla filosofia e al percorso produttivo. Nido di Seta è testimonianza operosa dell’unico futuro possibile per l’economia della Calabria.
Sarah Procopio