«A seguito della pesantissima crisi economica in corso, l’esercito dei lavoratori in nero presente in Italia è in forte espansione». Lo sostiene in una nota l’Ufficio studi della CGIA di Mestre diffusa nella scorsa settimana. «Nell’ultimo anno – si legge nel documento – la crisi pandemica ha provocato una perdita di circa 450 mila posti di lavoro. Con le chiusure imposte nelle ultime settimane, a tanti di questi disoccupati si sono aggiunti molti addetti del settore alberghiero e della ristorazione e altrettante finte parrucchiere ed estetiste che quotidianamente si recano nelle case degli italiani ad esercitare irregolarmente i servizi e le prestazioni più disparate. Un numero di invisibili difficilmente quantificabile, anche se secondo gli ultimi dati stimati qualche anno fa dall’Istat, quindi ben prima dell’avvento del Covid, i lavoratori in nero presenti in Italia erano molti: circa 3,2 milioni».
L’analisi si concentra anche sulla distribuzione territoriale del fenomeno sottolineando come ad essere in cima alla non edificante classifica delle regioni con il maggior numero di lavoratori irregolari sia la Calabria. E ad aggravare la fotografia è il fatto che, come detto, i dati Istat siano riferiti al 2018: «Sono le regioni del Mezzogiorno ad essere maggiormente interessate dall’abusivismo e dal lavoro nero. Secondo l’ultima stima redatta dell’Istat e relativa al 2018, in Calabria il tasso di irregolarità è pari al 22,1% (136.200 irregolari), in Campania al 19,4% (362.500 lavoratori in nero), in Sicilia al 18,7% (283.700), in Puglia al 16,1% (222.700) e in Sardegna del 15,7% (95.500). La media nazionale è pari al 12,9%. Le situazioni più virtuose si registrano nel Nord-Est. L’attività in nero di queste 3,2 milioni di persone genera un valore aggiunto pari a 77,8 miliardi di euro all’anno, di cui 26,7 miliardi sono prodotti nel Sud, 19,8 nel Nord-Ovest, 17 nel Centro e 14,3 nel Nord-Est. A livello regionale in termini assoluti il Pil in “nero” più importante lo riscontriamo in Lombardia (12,6 miliardi), seguono il Lazio (9,4 miliardi), la Campania (8,3 miliardi) e la Sicilia (6,2 miliardi)».
La Calabria si attesta su un valore aggiunto “irregolare” pari a 2,9 mld di euro.
«Nei prossimi mesi, purtroppo, la situazione è destinata a peggiorare. Con lo sblocco dei licenziamenti previsti dapprima a fine giugno, per coloro che lavorano nelle Pmi e nelle grandi imprese, e successivamente in autunno, per quelli che sono occupati nelle micro e piccolissime aziende, c’è il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante. Stiamo parlando di quelle persone che non riuscendo a trovare una nuova occupazione saranno costrette a optare per un lavoro irregolare o si improvviseranno come abusivi per integrare le magre entrate familiari», conclude la nota.
I dati esposti non lasciano spazio ad interpretazioni particolarmente ottimistiche. L’emergenza economica determinata negli ultimi 13 mesi dalla pandemia da Covid-19 ha poi introdotto ulteriori elementi di preoccupazione. I rischi sono equamente distribuiti tanto tra le micro e piccole imprese quanto tra i lavoratori autonomi, sia essi professionisti o artigiani.
Per fronteggiare i riflessi negativi della pandemia, il Governo centrale, nel 2020, ha stanziato risorse per circa 27mld di euro. Per il 2021, stima ancora la CGIA di Mestre, le risorse ascrivibili alla legge di Bilancio 2021 e quelle riconducibili al “decreto Sostegni” ammontano a 64,7mld. Una cifra considerevole che però, se rapportata ai circa 350mld di euro di contrazione del fatturato registrata dalle aziende italiane nel 2020, “compensano” solo il 18,5% dei mancati ricavi totali.
Un divario del genere porta con sé il rischio default per migliaia di attività: è un problema che avrà seri riflessi sui livelli occupazionali, soprattutto al Sud dove il tessuto economico è molto più fragile e frammentato, dove le imprese hanno una struttura del debito più rigida e una minore capacità di accesso al credito perché scarsamente capitalizzate.
In questo contesto non si sembra per nulla agevole o addirittura realistico parlare di ripresa economica senza che vengano affrontati problemi così seri, in particolar modo al Sud e ancor di più in Calabria, dove i ritardi nella campagna vaccinale e le difficoltà del sistema sanitario regionale pongono un serio interrogativo anche alla stagione turistica,
Alessandro Tarantino