Quello della numerosa presenza di cinghiali sul territorio sta diventando un serio problema per l’agricoltura del territorio di Catanzaro e non sono. La discussione ieri in un convegno a Cardinale.
Interi raccolti rovinati, coltivazioni di grano rase al suolo e pericolo anche per le persone. È questo il bilancio causato dalla massiccia presenza di cinghiali su tutta la zona dello ionio catanzarese; una criticità imminente che si sta diffondendo a livello nazionale e che «le istituzioni hanno il dovere di affrontare».
È questo che ieri hanno reclamato esasperati ed a gran voce agricoltori e cacciatori intervenuti al convegno dal titolo “Cinghiali: una calamità imposta” organizzato dal Comune di Cardinale con la partecipazione del Consorzio per la Valorizzazione e Tutela della Nocciola di Calabria; una tavola rotonda, dagli animi infuocati, alla quale sono intervenuti il primo cittadino di Cardinale Danilo Staglianò, l’assessore al Bilancio e Agricoltura del medesimo comune Massimo Rotiroti, il commissario del Parco naturale regionale delle Serre Giuseppe Pellegrino, il presidente del Comitato contenimento cinghiali e difesa del territorio Eugenio Fristachi, il presidente del Gal Serre Calabresi Marziale Battaglia, Natalino del Gori del servizio veterinario dell’Asp di Catanzaro, Giuseppe Pizzonia esperto legale sulle problematiche dei cinghiali, il vice presidente del Consorzio Valorizzazione e Tutela Nocciola di Calabria Piero Martelli, il dirigente generale del Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria Giacomo Giovinazzo, il direttore regionale di Confagricoltura Angelo Politi ed il presidente di Confagricoltura Catanzaro Walter Placida.
Per quest’ultimo: «I rischi che i cinghiali stanno procurando al settore della zootecnia sono di gran lunga maggiori rispetto ai danni che stanno subendo le aziende da più di dieci anni a questa parte. Ciononostante gli agricoltori non chiedono soldi, vogliono solo non vedere distrutti i propri campi; le imprese agricole chiedono che si metta ordine ad un fenomeno che purtroppo è sfuggito di mano ad enti locali ed associazioni.
Non si tratta di una guerra tra agricoltori e cacciatori e nessuno pretende che venga annientata la popolazione dei cinghiali ma, che si risolva una questione che va avanti da troppo tempo e che sta contribuendo a mettere in ginocchio la già fragile economia del settore agricolo e zootecnico.
In questo la politica è stata completamente assente e oggi l’asticella del nervosismo ha raggiunto l’apice, per cui bisogna fare subito qualcosa; la mia proposta è quella di partire da un censimento degli animali e permettere a quegli imprenditori agricoli muniti di porto d’armi e permesso di caccia di poter estendere la loro funzione all’interno delle proprie aziende in tutti e dodici i mesi dell’anno e, laddove necessario, creare dei piani di cattura di queste bestie che possano così venire spostate in altre zone».
Immediata la risposta del dirigente regionale Giovinazzo che nel suo intervento di chiusura ha parlato di una certa sottovalutazione generale della questione dei cinghiali, per cui ora è necessario che il problema rientri attraverso degli interventi straordinari. «Eliminare i cinghiali non è possibile, ma è possibile ridurne la popolazione e renderla una fauna autoctona controllata – ha detto Giovinazzo -. Ritengo che dovremmo costruire un percorso che vada a ricostituire, per quanto riguarda la caccia e l’aspetto faunistico, un nuovo rapporto tra il territorio e la Regione dal momento che l’ente intermedio Provincia non esiste più e, per farlo serve la collaborazione di tutti, a partire dagli Atc; gli Atc, ad esempio, devono responsabilizzarsi e svolgere delle funzioni parastatali e una volta che ci siamo detti le regole, però, chi sbaglia paga.
Quindi l’impegno che prendo adesso con voi è questo: diamo linfa al tavolo tecnico e dialoghiamo con la Consulta ed in un paio d’anni il problema può essere risolto».