Il nuovo invisibile potere dell’algocrazia

Se n’è discusso alla Camera di commercio. È possibile governare il fenomeno?

Un nuovo potere invisibile ci domina, si chiama algocrazia. La definizione usata dal critico Aldo Grasso è stata al centro dell’incontro che i club Rotary di Catanzaro hanno voluto promuovere per fare luce sulle origini e l’evoluzione del mondo degli algoritmi e su tutte le possibili implicazioni per la vita quotidiana.

Invitato a discutere, presso la Camera di commercio, di questa tematica di grande interesse è stato un catanzarese illustre, Paolo Ferragina, professore ordinario di Algoritmi presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, i cui studi da diversi anni si rivolgono alla compressione dati e agli algoritmi per la gestione di grandi insiemi di dati.

Ferragina ha trascorso diversi periodi di ricerca presso grandi gruppi mondiali come AT&T, IBM, Google e Yahoo e i suoi studi hanno ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, originando più di cento pubblicazioni su riviste e confereze di settore.

A introdurre il suo intervento sono stati i presidenti dei club Rotary Catanzaro Tre Colli, Maurizio Ferrara, e Rotary Catanzaro, Stefano Rodinò – con le conclusioni affidate all’assistente del Governatore, Rocco Reina – i quali hanno evidenziato l’obiettivo comune di offrire un’occasione importante di dibattito su questioni di profonda attualità per il mondo dell’economia e della società, coinvolgendo, al contempo, grandi professionisti ed esperti che portano in alto il nome della città Capoluogo in tutto il mondo.

È il caso del professore Ferragina il quale nella sua relazione ha spiegato che gli algoritmi ormai pervadono la nostra vita con effetti sia positivi che negativi sulla vita di tutti i giorni: «Oggi si parla di quarta rivoluzione industriale – ha detto – in quanto questi oggetti intelligenti, potendo memorizzare, elaborare ed interagire anche tra di loro, sono in grado di ottimizzare i processi produttivi in diversi contesti.

Ad esempio nella medicina, attraverso l’esame del genoma umano si possono progettare nuovi farmaci o cure. Con ri- ferimento al mondo del calcio, con l’Università di Pisa stiamo elaborando, in collaborazione con una società importante, un sistema di ricerca dedicato ai calciatori per capire se il ranking attribuito dalle riviste periodicamente rende real- mente conto di tutti i fattori che entrano in gioco per la corretta valutazione di un’atleta. Con i dati in nostro possesso sono sicuro potremo arrivare sicuramente a garantire analisi più complete e oggettive».

Gli algoritmi giocano, inoltre, un ruolo importante anche per il mondo dell’informazione e la consultazione delle notizie: «La diffusione delle fake news – ha spiegato Ferragina – può rap- presentare un serio rischio per gli utenti, ma anche un fattore negativo per le stesse macchine che potrebbero apprendere notizie non vere e fare deduzioni sbagliate. I motori di ricerca stanno cercando di arginare questo fenomeno. Fino a poco tempo fa le false notizie si po- tevano smascherare attraverso dei dati statistici, ma oggi sui social network con le condivisioni vengono rimbalzate sempre di più.

In tal senso, la Comunità europea si sta muovendo in maniera decisa per prevenire eventuali danni». All’argomento si legano anche i diversi pro li relativi alla tutela della riservatezza: «Esiste un problema etico riguardo alla privacy – continua il docente – ma la nuova direttiva europea che entrerà in vigore il prossimo anno introduce dei paletti sull’utilizzo dei dati che le aziende catturano ogni giorno. Non sarà, infatti, più possibile avvalersi di dati per scopi diversi rispetti a quelli per cui vengono raccolti, al- trimenti dovranno essere ano- nimizzati a protezione degli utenti. La tecnologia avanza molto velocemente, ma la risposta che l’Europa sta dando è interessante e spero che gli impatti positivi possano essere sempre di più». Il mondo produttivo come risponde alle opportunità offerte dalle nuove applicazioni? La risposta di Ferragina è stata critica: «Purtroppo c’è parecchia diffidenza – ha sottolineato – verso la ricerca italiana.

Siamo tra i primi al mondo in diversi settori, ma è sorprendente che aziende straniere chiedano di avvalersi delle nostre tecnologie, mentre poche imprese italiane si avvicinano all’Università. Ora con la cosiddetta terza missione, i nostri atenei hanno più interesse e attenzio- ne verso tutti gli impatti legati al mondo socio-economico e i nuovi progetti ministeriali sull’industria 4.0 saranno una leva di cui avvantaggiarsi per i prossimi anni. Portare elementi di innovazione nella produzione, pur nel rispetto della tradizione, potrà fare la differenza”».

La macchina, quindi, potrà mai sostituire l’uomo? «La storia insegna che nel tempo molti lavori sono scomparsi – ha concluso il professore catanzarese – ma questo rischio potrà riguardare solo le attività ripetitive o che non vogliamo più svolgere. È necessario, invece, formare i nostri giovani attraverso un percorso che sia più improntato alla qualità che alla quantità».

di Domenico Iozzo